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martedì 10 maggio 2011

Fotografia finalmente Europea


Ore 18:30 inizia il vernissage. A Postdamer Platz ci fanno uscire dalla metro, da oggi lavori in corso sulla linea rossa per 3 giorni. Prendiamo l’autobus sostitutivo, ci porta a Nollendorf Platz. Riprendiamo la metro, la U1 e decidiamo di scendere al capolinea Uhlandstrasse perché vicina alla meta. Saliamo e mi trovo la Kufurstenstrasse completamente chiusa al traffico e festante. Corri verso una via parallela, prendi un taxi, e in pochi minuti eccoci finalmente arrivati a Mommsenstrasse 27.

Davanti alla Factory-art gallery c’è un bel gruppo di persone che chiacchierano, fumano e bevono. Scendo nello scantinato. Inizio a visitare la mostra, ma in fretta perché cerco la mia opera. Prima sala. Mi piace il lavoro di Helland. Spazi, luci, e geometrie. Seconda sala. C’è un piccolo buffett. Un mobile dell’ikea montato ignorando le istruzioni (geniale nella sua semplità) e l’immagine di orologi a cucù che pendono dal soffitto e mi ricordano di quanto il tempo sia opprimente. Terza sala. Un cristo vestito da spider man (o spider che si atteggia?) appeso al muro e spaghetti legati (sono spaghetti italiani eppure mi fanno subito pensare al Giappone senza un motivo apparente). Quarta sala. Un paesaggio innevato, la tenda di un circo ed una bambina che vola nel cielo stellato spinta in alto da palloncini colorati. Ecco la mia opera esposta. Un brivido di compiacenza, breve ma intenso. Si avvicina Margherita, mi saluta e si congratula. Mi stava aspettando (sono l’ultima eh eh). Qualche chiacchiera e poi continuo la vista. Quinta e ultima sala. C’è un mappamondo ferito. Diretto e pungente non ha bisogno di didascalie. C’è il ritratto di Malwina. Poetico ed evocativo. E due dipinti. Quello di Csaba l’avevo già notato. Decisamente pulp. Ora sono qui alla mia prima vera mostra europea dopo l’avventura newyorchese. Conosciamo un po’ di gente, arriva la mia amica Uschi e mi porta un mazzolino di fiori e finalmente ci raccontiamo gli ultimi anni, un po’ in fretta perché stiamo andando tutti al ristorante. A cena chiacchieriamo, scambiamo opinioni. Alcuni di loro frequentano o hanno frequentato accademie d’arte e mi parlano di quanto sia famosa Modena come città della fotografia e quanto stia investendo in questo. Ma come, non era la vicina Reggio capitale della fotografia? No, Modena e le sue stupende mostre. Di Reggio si parla poco. Il mondo dell’arte ignora quasi completamente il Festival della fotografia europea. Forse perché dovrebbe diventare il Festival europeo della fotografia? Che importa? Io questo anno espongo in Europa!

sabato 25 settembre 2010

Flickr and Getty

Flickr è un portale fotografico che i primi tempi disdegnavo. Mi sembrava poco appetibile. Ora che l’ho scoperto e che navigo nella comunità dei flickeriani, non ne posso più fare a meno. Di caricare le mie immagini, di creare set ed aggiungere le mie foto ai più vari gruppi fotografici. E di esplorare. Ci sono dei veri e propri trend su flickr e fotografi sorprendentemente talentuosi. Flickr può essere anche come una vetrina per presentare a varie tipologie di persone i lavori che si fanno (senza doversi fare un sito appositamente). Ma su flickr si può anche vendere ed infatti è stato un piacere scoprire che la prestigiosa Getty Images va a pescare le immagini più interessanti “commercialmente” e le vende sul suo sito. Fantastico! E infatti postando alcune foto su un gruppo apposito, gli editor di Flickr hanno scelte alcune delle mie immagini che sono andate ad aumentare lo stock di Getty!
Niente male! Keep working!

© Elena Fantini 2010

venerdì 20 agosto 2010

Finiscono le ferie ed iniziano i festival

“Finalmente” le ferie stanno finendo e con loro quella svogliatezza tipica delle estati afose. Basta gelati, cocomeri, bagni di sole e tuffi nel mare. Ci si rimette davanti al pc, si fa ordine fra le proprie carte, si ripongono i romanzi letti sotto l’ombrellone e si incomincia a programmare. Settembre è il mese dei nuovi progetti ma soprattutto dei festival: festival del pd, festival della letteratura, festival della poesia, festival dell’uva, festival della filosofia, festival della fotografia…! L’autunno è sempre un tripudio di feste, eventi, attività. Forse per esorcizzare l’estate che sta finendo? In realtà dopo essersi rinfrancati nei mesi estivi dal peso dell’inverno, l’autunno a me appare come un inizio, pieno di buoni propositi. Probabilmente è un retaggio che proviene dagli anni scolastici, quando a settembre tutto ricominciava e il profumo dei libri nuovi ci faceva addirittura venir voglia di studiarli.

E a parlar di festival di certo va citato Savignano Immagini che è un evento spesso ricco di mostre molto interessanti (ricordo in primis la splendida mostra di Sarah Moon nel 2008) e per niente retoriche. Durante questa kermesse (fa molto Sanremo questa parola) viene premiato il miglior portfolio (Portfolio in piazza) ed anche questo è un evento di tutto rilievo soprattutto per la qualità altissima dei lavori premiati. Fra le mostre di quest’anno ci saranno Martin Parr con Made in Italy [sul Rubicone] (videoproiezione del lavoro fotografico realizzato dal fotografo presso le industrie della moda del territorio del Rubicone), Roger Ballen con Boarding House, Silvia Camporesi con Down By The Water, Simon Roberts con We English (un progetto sull’identità inglese) ma fra tutti quello che più mi incuriosisce è The Roma journeys di Joakim Eskildsen dove l’autore insieme alla scrittrice Cia Rinne, ha viaggiato in sette diversi paesi europei al fine di ottenere una panoramica della vita dei rom e delle condizioni che devono affrontare. Se pensiamo alle ultime notizie sulla Francia e alla polemica sul giro di vite imposto dal presidente Nicolas Sarkozy su nomadi e rom, con sgomberi di campi abusivi e il rimpatrio, questo lavoro acquista un’attualità sorprendente. Dal 10 al 12 settembre 2010.

© Elena Fantini 2010

giovedì 13 maggio 2010

Rinko Kawauchi

@ Rinko Kawauchi

Ho visto per la prima volta alcune delle immagini di Rinko Kawauchi in Giappone sfogliando diversi volumi fotografici in una libreria di Tokyo. Sono rimasta colpita dalla luce che emanavano le sue immagini. Per qualche motivo, soprattutto logistico non ho acquistato il libro. Ho ri-incontrato Rinko in una bancarella di libri fotografici, sabato scorso, in centro a Reggio. E anche in questo caso non ho acquistato il libro. Peccato perché le sue immagini vanno lette insieme, così come l’artista le presenta, in portfoli compiuti. Vedere le singole immagini è come leggere frasi sparse di un poema.

Definirle minimaliste è certamente riduttivo, perché quello che rappresentano è un universo poliedrico e ricco di indizi. È molto giapponese il suo stile. C’è un senso forte per la purezza, per l’anima delle cose, per il rispetto della vita e la curiosità della morte. Vengono in mente i componimenti di Basho, gli haiku, i racconti di Banana Yoshimoto o di Haruki Murakami. Tutta quella luce ricorda la pelle chiara delle giapponesi, che faticano tanto a mantener lattea. E i giardini profumati dei templi scintoisti, oasi incantevoli sparse ovunque, anche nelle città più caotiche.

Ode al Giappone dunque e ai suoi artisti, capaci di una diversità rinfrancante e universale.

@ Rinko Kawauchi

Libri pubblicati: Aila 2004; Hanabi 2001; Utatane 2001; Hanako 2001; Cui Cui 2005 e The Eyes The Ears 2005

mercoledì 12 maggio 2010

Le memorie di Cattani


Qualche giorno fa sono andata a vedere la mostra di Bruno Cattani “Memorie” a Palazzo dei Principi a Correggio.

Sono esposte circa 90 fotografie dell’artista reggiano incentrate sul tema della memoria collettiva. Sono immagini molto “padane”, legate al nostro territorio ed appunto al nostro immaginario. Cattani dichiara che è proprio la memoria il sottile fil rouge che lega indissolubilmente il suo lavoro. C’è molta nostalgia nelle sue foto, fissate in un autunno eterno fatto di reminescenze e rimpianti. Mi fa venire in mente i luoghi, soprattutto interiori descritti ne "Il mondo di ieri” di Stefan Zweig, dove dello splendore dell’universo asburgico non rimanevano che cumuli di cenere.
Le immagini,a mio parere, più evocative ed interessanti, sono quelle che rappresentano spazi non identificabili, che non rappresentano un luogo specifico, ma tutti i luoghi del mondo, abbandonati e deserti. Proprio dove appaiono più lontane le “memorie” è più vicino l’onirico, è proprio lì che la poesia di Cattani è più forte. Sembrano immagini di un era post-atomica, dove l’uomo è scomparso e rimangono solo le cose a raccontare ciò che era.
Credo che il titolo “Memorie” sminuisca molto il lavoro del fotografo e lo declini troppo a un mero senso di malinconica nostalgia. La mostra vale davvero la pena di esser vista senza lasciarsi distrarre dal titolo.



Palazzo dei Principi di Correggio dal 18 Aprile al 23 Maggio 2010
Orari: sabato, 15.30-18.30, domenica e festivi: 10.00-12.30; 15.30-18.30
Ingresso: gratuito.
Informazioni:
Palazzo dei Principi: Tel. 0522/691806; museo@comune.correggio.re.it
http://www.museoilcorreggio.org/
http://www.palazzomagnani.it/

sabato 1 maggio 2010

Associazione sì, associazione no!

Fare parte di un gruppo o ballare da soli?
Beh, questo è uno dei dilemmi che prima o poi interessa tutti in un qualsiasi o in molteplici momenti della vita. A scuola, all’università, in viaggio, al lavoro, nel tempo libero. Ed è proprio qui che si animano le espressioni più interessanti di aggregazione, perché fare le cose insieme agli altri molto spesso è gratificante, educativo e costruttivo.
Lo stesso accade per la fotografia.
Incontrarsi, scambiare opinioni, conoscere altre persone con le stesse passioni è un modo per ampliare i propri campi visivi e provarsi in un nuove sfide. Talvolta le associazioni sono serie, interessate, radicate e produttive. Pongono domande e pretendono risposte. Una di queste è di certo Refoto della quale ho fatto parte per qualche anno. Lì la mia passione fotografica è diventata finalmente consapevole e matura; le mie capacità si sono ampliate e diversificate. I corsi sono professionali (se si pensa alla struttura e ai costi esigui), gli incontri sempre interessanti con fotografi professionisti, le sfide sempre nuove e interessanti.
Ma associazione fa rima con prigione?
Non si balla da soli quando si è in gruppo. Devi esser fedele a regole non scritte ma condivise. Non ci sono mezze misure o sei fuori o sei dentro. Peccato. Peccato per gli amici, per gli incontri, per i progetti compiuti e per tutto il resto che si poteva ancora fare insieme.
Così senza mezze misure e senza nessun sconto, son fuori.
Si sa, noi viviamo per cambiare e le cose cambiano per vivere. La passione si alimenta con altre sfide, più alte e più lontane.
Avere un appoggio rinfranca sempre gli spiriti indecisi e nel decennio della condivisione a tutti i costi, ballare da soli è un paradosso.
Ma gli agi ingrassano ed indeboliscono l’animo e la comodità è nemica dei grandi viaggi…
I bei ricordi rimangono, ma forza, avanti, da soli, un passo di valzer, una storta alla caviglia, ahi, e ancora un altro passo, più deciso stavolta, risoluti, e via ballando, mentre la musica continua a suonare…


© Elena Fantini 2010

giovedì 5 marzo 2009

Dicevamo di Dio?

Appena il nostro curatore mi ha informato che per la mostra di Refoto (settimana della fotografia, edizione 2008) avrei seguito le Sorelle Minori Cappuccine dell'Eremo di San Michele a Salvarano, mi sono da subito immaginata l’eremo, lontano, abbracciato nel silenzio, pensoso e quieto. Il primo incontro con loro è stato davvero piacevole e da subito ho sentito la loro greve levità unita alla saggia consapevolezza della mortalità della vita. Già dal primo incontro hanno sottolineato che loro non erano propense a nessuna forma di pubblicità, che questo non le interessava e che, esser fotografate non le compiaceva del tutto. E su questa linea si sono dimostrate coerenti tutte le volte che sono tornata.
Che bello vedere persone che nell’era dell’egocentrismo e dei 15 minuti di notorietà, vivono senza fronzoli e senza voler apparire. E' stata la semplicità e la coerenza con la loro fede, fede in un Dio scomparso dalla nostra quotidianità, ma onnipresente in ogni loro azione, in ogni loro rivolgersi agli altri, con altruismo e benevolenza. Ecco le mie immagini che più di ogni altra parola, possono esprimere, ciò che per sua natura è inesprimibile.





© Karyn Bernini, 2008

lunedì 2 marzo 2009

Secondo voi come si giudica una foto?


Questo è uno di quegli argomenti di cui si potrebbe parlare per anni e anni senza raggiungere mai un accordo od una regola definitiva.

Innanzitutto dipende da chi giudica. Se io faccio vedere una “bella” foto a mia mamma, lei mi dirà “ma che bella. Sei davvero brava”.

Lei la guarderà infatti per l’impatto emotivo che la foto ha su di lei. Un bel tramonto, la foto di suo nipote sorridente, il gatto che ti guarda sornione: tutte immagini che potrebbero ottenere facilmente il benestare di molti. Infatti siamo normalmente attratti, dalla cosiddetta bellezza delle immagini più palesi, quelle che per cultura ed abitudine vediamo più spesso. Per non tralasciare, inoltre il fattore emozionale ed affettivo che gioca un ruolo primario in questi casi. Se invece il nostro pubblico è composto da sconosciuti o persone che fanno parte di forum vari, circoli, etc, il metro di giudizio cambierà, anche se i cliché normalmente abbondano. Infatti, se vi è mai capitato di sfogliare riviste nelle quali vi chiedono la spedizioni di immagini per temi e confronti o di presentare le vostre immagini in circoli dove l’età media di solito super i 50, noterete una spasmodica attenzione al particolare tecnico ed alla resa oggettiva della vostra immagine.

Ogni singolo elemento è messo alla prova ed un bianco troppo bruciato o un nero senza “dati”, diventerà l’unico elemento soppesato della vostra foto, per quanto forte o d’impatto essa possa essere. Qui ci si sofferma spesso sulla singola immagine, scandagliandone ogni minima aberrazione e cercando significati anche quando questi dovrebbero esser lasciati alla sensibilità o all’immaginario di ciascuno. Mi astengo dai forum su internet. Tanti, vari, poliedrici, tutti dicono tutto e qui, la scelta è talmente ampia da rendere impossibile qualsiasi catalogazione di generici metri di giudizio.
Molto spesso, è l’assonanza di immaginari e la consonanza di gusti che avvicina chi guarda alle nostre immagini. E questo vale anche quando si parla dei “cosiddetti” critici, ossia quella platea di persone preposte al giudizio ai fini più disparati: semplici letture di portfolio, mostre, concorsi, e simili. Qui sottoponiamo le nostre creazioni a chi è “abituato” a vedere, chi è preposto a giudicare, per studi, professione o qualcosa che auspicabilmente si avvicini a ciò. Questo è il campo che più ci interessa ed è anche quello più difficile da comprendere o decifrare. Ovviamente, chi crea un’immagine non come semplice ricordo, ma al fine di rappresentare qualcosa o dire qualcosa, afferma che se l’immagine è convincente per sé, non importa il giudizio altrui.
Questo è vero, ma è anche vero che quello che riproduciamo, per quanto senso e impegno possa contenere, deve saper veicolare i nostri messaggi, sennò il fine non è raggiunto. Quindi nel momento in cui scegliamo le nostre immagini per sottoporle ad un giudizio, dobbiamo avere le idee chiare. Chiarire cosa vogliamo dire, chiarire a chi ci rivolgiamo. Non tutti possono apprezzare la stessa foto. Chi la esalta come capolavoro, chi la considera ben poco: e questo della stessa immagine.
Una responsabile di una galleria d’arte non giudicherà mai allo stesso modo che una responsabile di un’agenzia fotografica.
Qui di solito nasce il caos profondo della nostra mente: avere sulle stesse immagini pareri completamente opposti. Quindi, non esiste un metro di giudizio universale: ogni singola persona potrà darvi giudizi o suggerimenti diversissimi. Ne deduco che sia io a decidere. Io a dover approfondire il mio studio, capire i lati deboli e quelli forti ed alla fine crederci veramente.
Vi sembra una conclusione banale? Ad esempio, ho sentito parlare malissimo da 50 persone sulle foto di Franco Fontana, mentre altre 50 me ne hanno parlato bene. Da che parte sta la ragione?
Per un buon giudizio “produttivo” (ossia che porti a qualcosa) dobbiamo aspettarci 20 cattivi giudizi.
Buona fortuna!
© Elena Fantini

giovedì 5 febbraio 2009

Galline in fuga in quattrochilometriquadrati

C'era una volta...il primo anno che partecipammo alla settimana della fotografia!

Era il lontano 2007! Si trattava di un lavoro colletivo con l'associazione di cui facciamo parte, Refoto, ed il nostro compito era di raccontare ciascuno una persona impegnata nei circoli Arci di Reggio Emilia.

A me era stata assegnata la cuoca di Cadè... e così ho incominciato ad immaginare che tutte quelle galline che spennava per farci brodi e bolliti, un giorno, avrebbero potuto vendicarsi di lei e avere il sopravvento su tutti, occupando il circolo e immobilizzando la cuoca...














© Elena Fantini, 2007