martedì 10 maggio 2011
Fotografia finalmente Europea
sabato 25 settembre 2010
Flickr and Getty
venerdì 20 agosto 2010
Finiscono le ferie ed iniziano i festival
E a parlar di festival di certo va citato Savignano Immagini che è un evento spesso ricco di mostre molto interessanti (ricordo in primis la splendida mostra di Sarah Moon nel 2008) e per niente retoriche. Durante questa kermesse (fa molto Sanremo questa parola) viene premiato il miglior portfolio (Portfolio in piazza) ed anche questo è un evento di tutto rilievo soprattutto per la qualità altissima dei lavori premiati. Fra le mostre di quest’anno ci saranno Martin Parr con Made in Italy [sul Rubicone] (videoproiezione del lavoro fotografico realizzato dal fotografo presso le industrie della moda del territorio del Rubicone), Roger Ballen con Boarding House, Silvia Camporesi con Down By The Water, Simon Roberts con We English (un progetto sull’identità inglese) ma fra tutti quello che più mi incuriosisce è The Roma journeys di Joakim Eskildsen dove l’autore insieme alla scrittrice Cia Rinne, ha viaggiato in sette diversi paesi europei al fine di ottenere una panoramica della vita dei rom e delle condizioni che devono affrontare. Se pensiamo alle ultime notizie sulla Francia e alla polemica sul giro di vite imposto dal presidente Nicolas Sarkozy su nomadi e rom, con sgomberi di campi abusivi e il rimpatrio, questo lavoro acquista un’attualità sorprendente. Dal 10 al 12 settembre 2010.
© Elena Fantini 2010
giovedì 13 maggio 2010
Rinko Kawauchi
Definirle minimaliste è certamente riduttivo, perché quello che rappresentano è un universo poliedrico e ricco di indizi. È molto giapponese il suo stile. C’è un senso forte per la purezza, per l’anima delle cose, per il rispetto della vita e la curiosità della morte. Vengono in mente i componimenti di Basho, gli haiku, i racconti di Banana Yoshimoto o di Haruki Murakami. Tutta quella luce ricorda la pelle chiara delle giapponesi, che faticano tanto a mantener lattea. E i giardini profumati dei templi scintoisti, oasi incantevoli sparse ovunque, anche nelle città più caotiche.
Ode al Giappone dunque e ai suoi artisti, capaci di una diversità rinfrancante e universale.
Libri pubblicati: Aila 2004; Hanabi 2001; Utatane 2001; Hanako 2001; Cui Cui 2005 e The Eyes The Ears 2005
mercoledì 12 maggio 2010
Le memorie di Cattani
Credo che il titolo “Memorie” sminuisca molto il lavoro del fotografo e lo declini troppo a un mero senso di malinconica nostalgia. La mostra vale davvero la pena di esser vista senza lasciarsi distrarre dal titolo.
Orari: sabato, 15.30-18.30, domenica e festivi: 10.00-12.30; 15.30-18.30
sabato 1 maggio 2010
Associazione sì, associazione no!

Beh, questo è uno dei dilemmi che prima o poi interessa tutti in un qualsiasi o in molteplici momenti della vita. A scuola, all’università, in viaggio, al lavoro, nel tempo libero. Ed è proprio qui che si animano le espressioni più interessanti di aggregazione, perché fare le cose insieme agli altri molto spesso è gratificante, educativo e costruttivo.
Lo stesso accade per la fotografia.
Incontrarsi, scambiare opinioni, conoscere altre persone con le stesse passioni è un modo per ampliare i propri campi visivi e provarsi in un nuove sfide. Talvolta le associazioni sono serie, interessate, radicate e produttive. Pongono domande e pretendono risposte.
Ma associazione fa rima con prigione?
Non si balla da soli quando si è in gruppo. Devi esser fedele a regole non scritte ma condivise. Non ci sono mezze misure o sei fuori o sei dentro. Peccato. Peccato per gli amici, per gli incontri, per i progetti compiuti e per tutto il resto che si poteva ancora fare insieme.
Così senza mezze misure e senza nessun sconto, son fuori.
Si sa, noi viviamo per cambiare e le cose cambiano per vivere. La passione si alimenta con altre sfide, più alte e più lontane.
Avere un appoggio rinfranca sempre gli spiriti indecisi e nel decennio della condivisione a tutti i costi, ballare da soli è un paradosso.
Ma gli agi ingrassano ed indeboliscono l’animo e la comodità è nemica dei grandi viaggi…
I bei ricordi rimangono, ma forza, avanti, da soli, un passo di valzer, una storta alla caviglia, ahi, e ancora un altro passo, più deciso stavolta, risoluti, e via ballando, mentre la musica continua a suonare…

© Elena Fantini 2010
giovedì 5 marzo 2009
Dicevamo di Dio?

Che bello vedere persone che nell’era dell’egocentrismo e dei 15 minuti di notorietà, vivono senza fronzoli e senza voler apparire. E' stata la semplicità e la coerenza con la loro fede, fede in un Dio scomparso dalla nostra quotidianità, ma onnipresente in ogni loro azione, in ogni loro rivolgersi agli altri, con altruismo e benevolenza. Ecco le mie immagini che più di ogni altra parola, possono esprimere, ciò che per sua natura è inesprimibile.
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© Karyn Bernini, 2008
lunedì 2 marzo 2009
Secondo voi come si giudica una foto?
Innanzitutto dipende da chi giudica. Se io faccio vedere una “bella” foto a mia mamma, lei mi dirà “ma che bella. Sei davvero brava”.

Lei la guarderà infatti per l’impatto emotivo che la foto ha su di lei. Un bel tramonto, la foto di suo nipote sorridente, il gatto che ti guarda sornione: tutte immagini che potrebbero ottenere facilmente il benestare di molti. Infatti siamo normalmente attratti, dalla cosiddetta bellezza delle immagini più palesi, quelle che per cultura ed abitudine vediamo più spesso. Per non tralasciare, inoltre il fattore emozionale ed affettivo che gioca un ruolo primario in questi casi. Se invece il nostro pubblico è composto da sconosciuti o persone che fanno parte di forum vari, circoli, etc, il metro di giudizio cambierà, anche se i cliché normalmente abbondano. Infatti, se vi è mai capitato di sfogliare riviste nelle quali vi chiedono la spedizioni di immagini per temi e confronti o di presentare le vostre immagini in circoli dove l’età media di solito super i 50, noterete una spasmodica attenzione al particolare tecnico ed alla resa oggettiva della vostra immagine.
Molto spesso, è l’assonanza di immaginari e la consonanza di gusti che avvicina chi guarda alle nostre immagini. E questo vale anche quando si parla dei “cosiddetti” critici, ossia quella platea di persone preposte al giudizio ai fini più disparati: semplici letture di portfolio, mostre, concorsi, e simili. Qui sottoponiamo le nostre creazioni a chi è “abituato” a vedere, chi è preposto a giudicare, per studi, professione o qualcosa che auspicabilmente si avvicini a ciò. Questo è il campo che più ci interessa ed è anche quello più difficile da comprendere o decifrare. Ovviamente, chi crea un’immagine non come semplice ricordo, ma al fine di rappresentare qualcosa o dire qualcosa, afferma che se l’immagine è convincente per sé, non importa il giudizio altrui.
Questo è vero, ma è anche vero che quello che riproduciamo, per quanto senso e impegno possa contenere, deve saper veicolare i nostri messaggi, sennò il fine non è raggiunto. Quindi nel momento in cui scegliamo le nostre immagini per sottoporle ad un giudizio, dobbiamo avere le idee chiare. Chiarire cosa vogliamo dire, chiarire a chi ci rivolgiamo. Non tutti possono apprezzare la stessa foto. Chi la esalta come capolavoro, chi la considera ben poco: e questo della stessa immagine.
Una responsabile di una galleria d’arte non giudicherà mai allo stesso modo che una responsabile di un’agenzia fotografica.
Qui di solito nasce il caos profondo della nostra mente: avere sulle stesse immagini pareri completamente opposti. Quindi, non esiste un metro di giudizio universale: ogni singola persona potrà darvi giudizi o suggerimenti diversissimi. Ne deduco che sia io a decidere. Io a dover approfondire il mio studio, capire i lati deboli e quelli forti ed alla fine crederci veramente.
Vi sembra una conclusione banale? Ad esempio, ho sentito parlare malissimo da 50 persone sulle foto di Franco Fontana, mentre altre 50 me ne hanno parlato bene. Da che parte sta la ragione?
Per un buon giudizio “produttivo” (ossia che porti a qualcosa) dobbiamo aspettarci 20 cattivi giudizi.
Buona fortuna!
giovedì 5 febbraio 2009
Galline in fuga in quattrochilometriquadrati
Era il lontano 2007! Si trattava di un lavoro colletivo con l'associazione di cui facciamo parte, Refoto, ed il nostro compito era di raccontare ciascuno una persona impegnata nei circoli Arci di Reggio Emilia.
A me era stata assegnata la cuoca di Cadè... e così ho incominciato ad immaginare che tutte quelle galline che spennava per farci brodi e bolliti, un giorno, avrebbero potuto vendicarsi di lei e avere il sopravvento su tutti, occupando il circolo e immobilizzando la cuoca...
© Elena Fantini, 2007