martedì 31 marzo 2009

4+2+1 al Gattaglio

“Gattaglio (in dialetto reggiano Al Gatàj) è un piccolo quartiere di Reggio nell'Emilia situato ad ovest del centro storico, presso l'ingresso nord del cimitero suburbano. Il Gattaglio si presenta ancora oggi come un gruppo di vecchie case affacciate sul torrente Crostolo. Dal Gattaglio prende il nome il ponte pedonale che congiunge il quartiere ed il cimitero con la riva occidentale del torrente Crostolo ma fino a pochi decenni fa si presentava come una sottile e pericolante passerella.” Così recita l’ormai ben nota enciclopedia universale, wikipedia.

E’ proprio nel quartiere del Gattaglio che noi di 4ART abbiamo deciso di esporre per l’edizione 2009 della settimana della fotografia e guarda un po’, è proprio questo il quartiere che il comune di Reggio Emilia intende valorizzare per questo evento. Quanto ti dice la fortuna, eh?
Beh, torniamo a noi.
E’ incominciato tutto in una serata di inizio autunno... le foglie color ambra cadevano leggiadre dagli alberi, le nebbie si alzavano dagli irti colli e noi ci apprestavamo a pianificare quella che sarà la mostra dell’anno. Beh, gli inizi non son stati così clamorosamente magniloquenti ma lo spirito era quello giusto.
E così abbiamo incominciato ad impachettare il nostro progetto: dove?
Stazione, negozi sfitti del centro, musei, gallerie…i luoghi istituzionali ci dicevano di no (serve un certo pedigree per queste cose), i negozi sfitti non davano garanzie, la stazione prevedeva un allestimento scarno …dove quindi?

Dove possano trovare un luogo dove esporre e sviluppare e raccontare 4 persone con un progetto fotografico solido e coinvolgente???

Grazie Betty! E’ il nome di un’amica che ci ha indicato uno splendido spazio: l’ex calzolificio ed ex-7, in via Verdi, al momento sfitto, proprio sul lungo Crostolo, a poche centinaia di metri dal centro di Reggio! Perfetto! L’ambiente bellissimo! Un loft amplissimo (ci sembra di essere al village di NY) con parquet in legno e mura a vista in cemento grigio! E per finire uno spazioso terrazzo dove festeggiare il nostro vernissage!
4art ha trovato la location perfetta per la propria mostra!

Ma perché non integrare altre arti, così da creare un melting pot di stili ed idee?

Così i designer di Why Not ( http://www.w-not.it/ ) hanno deciso di unirsi a noi esponendo le loro creazioni di moda.

Michele Gentile, ha accettato la nostra richiesta ed esibirà i pezzi di mobilio da lui ri-creati e ri-design(ati) e i dipinti della sua recente produzione.

E il titolo della mostra sarà appunto 4+2+1 = 4 fotografi, 2 designer ed 1 artista

I vari sopralluoghi hanno chiarito come dividerci gli ambienti e come organizzare l’esposizione. I lavori sono stati ultimati, la promozione avviata…Il comune ci ha inserito nei luoghi da visitare nella zona del Gattaglio, anche se non sono riusciti ad organizzare ulteriori eventi collaterali. Ma come si dice, chi fa da sé, fa per tre…anzi per 4 + 2 + 1 !!!!!!!!


© Elena Fantini, 2008

venerdì 20 marzo 2009

Reggio e le altre

Negli ultimi anni i festival culturali si sono moltiplicati a dismisura. Per citarne solo alcuni che posso dire di conoscere direttamente, mi sovviene quello della letteratura di Mantova http://www.festivaletteratura.it/ , filosofia a Modena http://www.festivalfilosofia.it/, fotografia digitale a Lucca http://www.luccadigitalphotofest.it/ , fotografia a Roma http://www.fotografiafestival.it/ e ancora fotografia alla nostra Reggio Emilia http://www.fotografiaeuropea.it/ . Il motivo di una proliferazione tanto consistente è da vedersi nel bisogno di cultura del popolo italiano? Mi piace pensare di sì, anche se motivi politici e “comunali” sono sempre alla base di qualsiasi iniziativa nazionale…ma questo non è certo il luogo per dibattere di queste amare questioni. Quello che ci chiediamo è quanto vivranno e quanta importanza abbiano queste iniziative nei loro propri campi di applicazione. Il festival letterario di Mantova è diventato quasi un’istituzione e ahimè, richiamando sempre più gente, si è inevitabilmente (sarà poi vero che deve essere sempre così) commercializzato e ha perso un po’ dell’autorevolezza che aveva inizialmente. Tuttavia riesce a combinare letteratura, attualità e spettacolo coinvolgendo un numero nutrito di persone che posso avvicinarsi anche fisicamente e personalmente alla letteratura ed ai suoi creatori.
Lo stesso può valere per filosofia di Modena, dove i più illustri “filosofi” italiani e non, dibattono per giorni su temi di interesse planetario: vita, fantasia..
E i festival di fotografia? Finalmente in Italia si è capito che la fotografia è un’arte e al pari delle altre, ha qualcosa da dire. Si è compreso, che non basta impugnare una macchinetta per essere tutti fotografi e che non basta avere attrezzature da milioni di euro per essere grandi fotografi. Si è capito che i modi per raccontare sono tanti e molteplici e che la fotografia può veicolare messaggi di qualsiasi genere e tipo. Ma quello che spesso ci sembra è che questi festival vogliono essere un palliativo per il vuoto che incombe nel tempo restante. E’ vero che ogni anno aumentano (finalmente) le mostre dedicate alla fotografia e gli eventi collegati a questa, ma il valore effettivo che si dà a questa rimane ancora molto basso. Chi è la fotografa italiana che preferite? Chi è il fotografo italiano che preferite? Quante mostre avete visitato? Come si è evoluta la fotografia negli ultimi decenni?
Riescono i nostri festival ad avvicinare le persone a quest'arte e a fare capire la moltitudine di sfacettature che essa comporta? E' questo il punto? Quanto la fotografia serva ai festival o quanto i festival servono alla fotografia!
Noi pensiamo che vedere ed incuriosirsi e andare oltre alle nostre convinzioni o tradizioni visive, sia sempre un'esperienza emozionante.
Quindi lunga vita ai festival!

© Elena Fantini, 2009

giovedì 5 marzo 2009

Dicevamo di Dio?

Appena il nostro curatore mi ha informato che per la mostra di Refoto (settimana della fotografia, edizione 2008) avrei seguito le Sorelle Minori Cappuccine dell'Eremo di San Michele a Salvarano, mi sono da subito immaginata l’eremo, lontano, abbracciato nel silenzio, pensoso e quieto. Il primo incontro con loro è stato davvero piacevole e da subito ho sentito la loro greve levità unita alla saggia consapevolezza della mortalità della vita. Già dal primo incontro hanno sottolineato che loro non erano propense a nessuna forma di pubblicità, che questo non le interessava e che, esser fotografate non le compiaceva del tutto. E su questa linea si sono dimostrate coerenti tutte le volte che sono tornata.
Che bello vedere persone che nell’era dell’egocentrismo e dei 15 minuti di notorietà, vivono senza fronzoli e senza voler apparire. E' stata la semplicità e la coerenza con la loro fede, fede in un Dio scomparso dalla nostra quotidianità, ma onnipresente in ogni loro azione, in ogni loro rivolgersi agli altri, con altruismo e benevolenza. Ecco le mie immagini che più di ogni altra parola, possono esprimere, ciò che per sua natura è inesprimibile.





© Karyn Bernini, 2008

lunedì 2 marzo 2009

Secondo voi come si giudica una foto?


Questo è uno di quegli argomenti di cui si potrebbe parlare per anni e anni senza raggiungere mai un accordo od una regola definitiva.

Innanzitutto dipende da chi giudica. Se io faccio vedere una “bella” foto a mia mamma, lei mi dirà “ma che bella. Sei davvero brava”.

Lei la guarderà infatti per l’impatto emotivo che la foto ha su di lei. Un bel tramonto, la foto di suo nipote sorridente, il gatto che ti guarda sornione: tutte immagini che potrebbero ottenere facilmente il benestare di molti. Infatti siamo normalmente attratti, dalla cosiddetta bellezza delle immagini più palesi, quelle che per cultura ed abitudine vediamo più spesso. Per non tralasciare, inoltre il fattore emozionale ed affettivo che gioca un ruolo primario in questi casi. Se invece il nostro pubblico è composto da sconosciuti o persone che fanno parte di forum vari, circoli, etc, il metro di giudizio cambierà, anche se i cliché normalmente abbondano. Infatti, se vi è mai capitato di sfogliare riviste nelle quali vi chiedono la spedizioni di immagini per temi e confronti o di presentare le vostre immagini in circoli dove l’età media di solito super i 50, noterete una spasmodica attenzione al particolare tecnico ed alla resa oggettiva della vostra immagine.

Ogni singolo elemento è messo alla prova ed un bianco troppo bruciato o un nero senza “dati”, diventerà l’unico elemento soppesato della vostra foto, per quanto forte o d’impatto essa possa essere. Qui ci si sofferma spesso sulla singola immagine, scandagliandone ogni minima aberrazione e cercando significati anche quando questi dovrebbero esser lasciati alla sensibilità o all’immaginario di ciascuno. Mi astengo dai forum su internet. Tanti, vari, poliedrici, tutti dicono tutto e qui, la scelta è talmente ampia da rendere impossibile qualsiasi catalogazione di generici metri di giudizio.
Molto spesso, è l’assonanza di immaginari e la consonanza di gusti che avvicina chi guarda alle nostre immagini. E questo vale anche quando si parla dei “cosiddetti” critici, ossia quella platea di persone preposte al giudizio ai fini più disparati: semplici letture di portfolio, mostre, concorsi, e simili. Qui sottoponiamo le nostre creazioni a chi è “abituato” a vedere, chi è preposto a giudicare, per studi, professione o qualcosa che auspicabilmente si avvicini a ciò. Questo è il campo che più ci interessa ed è anche quello più difficile da comprendere o decifrare. Ovviamente, chi crea un’immagine non come semplice ricordo, ma al fine di rappresentare qualcosa o dire qualcosa, afferma che se l’immagine è convincente per sé, non importa il giudizio altrui.
Questo è vero, ma è anche vero che quello che riproduciamo, per quanto senso e impegno possa contenere, deve saper veicolare i nostri messaggi, sennò il fine non è raggiunto. Quindi nel momento in cui scegliamo le nostre immagini per sottoporle ad un giudizio, dobbiamo avere le idee chiare. Chiarire cosa vogliamo dire, chiarire a chi ci rivolgiamo. Non tutti possono apprezzare la stessa foto. Chi la esalta come capolavoro, chi la considera ben poco: e questo della stessa immagine.
Una responsabile di una galleria d’arte non giudicherà mai allo stesso modo che una responsabile di un’agenzia fotografica.
Qui di solito nasce il caos profondo della nostra mente: avere sulle stesse immagini pareri completamente opposti. Quindi, non esiste un metro di giudizio universale: ogni singola persona potrà darvi giudizi o suggerimenti diversissimi. Ne deduco che sia io a decidere. Io a dover approfondire il mio studio, capire i lati deboli e quelli forti ed alla fine crederci veramente.
Vi sembra una conclusione banale? Ad esempio, ho sentito parlare malissimo da 50 persone sulle foto di Franco Fontana, mentre altre 50 me ne hanno parlato bene. Da che parte sta la ragione?
Per un buon giudizio “produttivo” (ossia che porti a qualcosa) dobbiamo aspettarci 20 cattivi giudizi.
Buona fortuna!
© Elena Fantini